lo scanner 3D per iPad

10:21 Barbara Antoniel 0 Comments

16/07/2014

CES 2014, iSense E lo scanner 3D per iPad Di 3D Systems


Mostrata al Consumer Electronics Show di Las Vegas la versione compatibile con iPad dello scanner 3D iSense. Permette di catturare Oggetti in 3D Senza ricorrere una scatola speciali di SCANSIONE. Arriverà Nel Secondo Trimestre di quest'anno

Al Consumer Electronics Show di Las Vegas Sistemi di Las 3D ha rilasciato la versione compatibile con iPad dello scanner  iSense . Dispositivo QUESTO SI attacca alla altera parte superiore del bordo del tablet e permette di scansionare in Tempo Reale Oggetti in tre Dimensioni, Senza Bisogno di inserire Gli Oggetti in speciali box di SCANSIONE. Montando il piccolo Accessorio E Possibile Camminare e scansionare Oggetti e Ambienti ottenendo copie fotorealistiche di Oggetti reali. DOPO la SCANSIONE, Gli Utenti possono trasferire i Dati per l'editing o la Duplicazione di Stampanti compatibili 3D. Il sito Engadget AVEVA avuto Modo di  Testare  lo scanner Sense, predecessore dell'iSense e Nella RECENSIONE AVEVA evidenziato vari Limiti, Parlando di Nazioni Unite prodotto promettente ma Ancora acerbo.
Tra le potenzialita del prodotto, l'uso o per venire Sistema possibilita creare Modelli, Sviluppo giochi con Personaggi ricalcati da Modelli reali. Il video di Che includiamo qui Sotto Mostra Il Primo Senso 3D All'Opera scanner. L'iSense per iPad Sarà, Planethair Nel Corso del Secondo Trimestre di quest'anno una ONU Previsto prezzo di 499 Dollari, circa 360 €.
Nel corso del CES, Avi Reichental, CEO di 3D Systems ha raggiunto sul palco Intel Che  illustrava  Una videocamera 3D, Uno dei Primi Prodotti a supportare Profondità 3D e 2D e il Che permette AI Dispositivi di "VEDERE" la Profondità quasi venire l'occhio Umano . Le due Società collaboreranno per offrire la SCANSIONE e la stampa 3D Agli Utenti mainstream. Gia Nella Seconda Metà del 2014, 3DS Sistemi rendera Disponibili le proprie Applicazioni software consumer di SCANSIONE, editing e stampa 3D senso per i Dispositivi equipaggiati con La Nuova videocamera 3D.





EMPATHY

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LA CLASSE È… ACQUA




Dal blog di Alessandro D'avenia:
Ho scritto queste righe per l’inserto La Lettura del Corriere della Sera, nell’ambito del dibattito sulla scuola affrontato dal giornale nelle ultime settimane.
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Le parole abusate sono segnaletica della nostalgia, fosforescenze di ciò che perdiamo. Scuola: tutti ne parlano, mentre rantola.
Se dovessi distillare il succo di 14 anni di insegnamento, di incontri in ogni tipo di scuola e di migliaia di lettere di studenti, docenti e genitori, dovuti ai libri che ho scritto, direi con E.Canetti: “Ogni cosa che ho imparato dalla viva voce dei miei insegnanti ha conservato la fisionomia di colui che me l’ha spiegata e nel ricordo è rimasta legata alla sua immagine. È questa la prima vera scuola di conoscenza dell’uomo”. Così ne La lingua salvata definiva l’essenza della scuola: la viva voce e l’immagine dell’insegnante. Solo una discontinuità antropologica (e quindi economica) potrà cambiare la scuola, non belletti organizzativi spacciati per riforme. Una rivoluzione copernicana che ponga nell’ordine giusto conoscenza e amore: ogni crescita in estensione e profondità della nostra conoscenza del mondo presuppone un’estensione della nostra sfera di inter-esse, cioè d’amore.
Perché non chiudiamo le scuole e non carichiamo le lezioni suyoutube risparmiando tempo e fatica? Perché siamo convinti che insegnare sia una relazione attuale: spazio e tempo condivisi nell’irripetibile dinamismo della vita e delle vite.
Se un ragazzo esteriormente somiglia più al padre o alla madre, interiormente (sguardo sul mondo, fiducia nella vita) corrisponde alla qualità della relazione tra i genitori. Così l’insegnamento, parte dell’educazione, si dà nella triplice relazione professore-studente, professore-genitori, professore-colleghi. Classe e studente somigliano alla qualità di queste tre relazioni. Posso soffermarmi solo sulla prima.
La qualità della relazione docente-studente determina l’apertura conoscitiva, a meno di non illudersi che istruzione ed educazione siano separabili. Si conosce soltanto ciò a cui la nostra intelligenzari-conosce un valore (il cuore intelligente di Finkielkraut) segnalato da tutto l’essere dell’in-segnante. Non ci può essere educazione (né insegnamento) in differita, perché la relazione coinvolge tutti i livelli della persona (corporeo, intellettivo, spirituale). Il moscone del cogito cartesiano continua a sbattere contro il vetro che non vede: cervelli riempiti di nozioni, addestramento pavloviano a ripetere, miglioramento solo con la sanzione dell’errore. L’insegnamento invece avviene solo in atto, perché solo la vita integrale educa. Si insegna con tutto: sguardo, tono di voce, movenze del corpo, disposizione dei banchi, brillare degli occhi, segni su un compito, cellulare spento… e parole. Una relazione funziona quando genera i beni specifici per cui la si instaura, se quella scolastica non genera attenzione, motivazione, curiosità, non è solo per carenza di stipendio, mura scorticate, vuota burocrazia, giovani e famiglie d’oggi, ma per carenza di relazione. Che cosa è necessario perché essa sia e sia generativa?
La molecola d’acqua è relazione tra due atomi d’idrogeno e uno d’ossigeno, uno dà all’altro ciò di cui l’altro ha bisogno. Anche a scuola è così: la classe è acqua!
Nella relazione scolastica tre sono gli elementi indispensabili: amore per ciò che si insegna (conoscenza e passione: studium), amore per il chi a cui si insegna (empatia: non sentimentalismo, ma riconoscimento dello studente come soggetto di un “inedito stare al mondo” e non oggetto da cui ottenere prestazioni), amore per ilcome si insegna (creatività didattica che rinnova ogni lezione in base ad allievi e contesto: metodo). Senza questi tre elementi la relazione non si dà e genera contro-effetti: noia, avversione, disinteresse. Per questo credo in una personalissima trinità di professori.
Uno. I docenti in atto. Curando faticosamente i tre elementi, trasformano il loro “dìcere”(dire) in “docère”(mostrare): pongono le condizioni dell’imparare non lo pretendono e i ragazzi sono pro-vocati a lavorare sodo (a noia non si oppone divertimento, ma interesse) e a diventare teste fredde e cuori caldi (al contrario di come sono oggi). Generano il desiderio mimetico di raggiungere autonomamente la Luna che il dito mostra, svincolano il sapere dalla pur necessaria prestazione e lo orientano a diventare vita: la cultura come strumento per leggere la realtà con totale apertura, senza subire luoghi comuni e ideologie. Generano simbolicamente, fanno venire alla luce i ragazzi, per ciascuno dei quali hanno una pagina del registro con i punti di forza, non smettono di studiare, prestano libri, offrono un caffè ad uno studente in crisi, fanno una lezione fuori dal programma, dedicano tempo fuori dalla lezione… Tengono il filo come Arianna (amano e sono presenti a distanza) mentre lo studente si addentra nel labirinto e lo decodifica grazie alla cultura che si confronta con la svolte della vita e le sue forme a volte spaventose come il Minotauro. Aiutano i ragazzi a trasformare il loro destino in destinazione: ad ora ad ora m’insegnavate come l’uom s’etterna (Dante a Brunetto). La loro classe è convivio, hanno l’autorità di chi assapora la vita e la porge.
Due. Gli “in-docenti”. Per vari motivi (stanchezza, difficoltà relazionali, equilibrio personale, stipendio…), pur avendo competenza nella materia, non riescono a trasmetterla. Mancano due terzi della relazione (empatia e metodo), somigliano ad un postino che consegna lettere senza busta e/o destinatario. Non propongo disastrose simbiosi o voti politici, ma asimmetria relazionale (non è distacco: emblematico il recente Detachment), in cui la materia è terreno comune di ricerca, non trincea: “la fiducia non si guadagna se ci sforza di guadagnarla, ma se si partecipa alla vita degli allievi, in modo immediato e naturale e se si prende su di sé la responsabilità che da ciò deriva” (Buber). L’indocente non insegna, perché non impara dai ragazzi, la sua classe si appiattisce sulla prestazione (programma ed esame diventano l’orizzonte di autorità).
Tre. Gli “in-decenti”. Non conoscono ciò che insegnano e trasformano la classe, presto connivente, in chiacchierificio e poltiglia educativa.
Ogni discorso sulla scuola è secondario senza i docenti in atto. Non basta l’anzianità come criterio esclusivo di merito nelle graduatorie, ma i tre elementi segnalati e trasversali (docenti, indocenti,indecenti hanno tutte le età). La scuola si liberi degli indecenti; aiuti gli indocenti a (ri)diventare se stessi; punti sui docenti, che ne sono le mura di carne e sangue: ce n’è almeno uno nella nostra vita e gli dovremmo, se non il doppio dello stipendio, almeno un grazie.
La Lettura del Corriere della Sera, 25 maggio 2014 (link)

00:30 Barbara Antoniel 0 Comments

02/07/2014

L’ADOLESCENZA NON È UNA MALATTIA