Non solo Jobs: morto Greatbatch, inventore del pacemaker
Ciao Mesuna della 1A reti
grazie per avermi inviato
l'articolo sulla morte dell'inventore del pacemaker
condivido a pieno l'opinione del giornalista e ho deciso di pubblicare nel blog il tuo contributo.
“Ci spiace per la scomparsa del visionario e grande uomo Steve Jobs, ma i media (ed internet) dovrebbero dedicare spazio a tutti coloro che lo meritano, non solo a chi ‘fa tendenza’”. Questo si legge nel frontespizio di una delle pagine di Facebook dedicata all’uomo che per molti è un illustre sconosciuto, anche se ha sicuramente cambiato più vite del compianto Jobs: Wilson Greatbatch, l’inventore del pacemaker.Americano, scomparso, alla veneranda età di 92 anni, pochi giorni fa , Greatbatch era un ingegnere, radio amatore e inventore (con centinaia di brevetti all’attivo), che un giorno creò per sbaglio un apparato elettrico che mimava il battito cardiaco. Comprese le potenzialità dell’apparecchio, dalle gigantesche dimensioni iniziali Greatbatch riuscì a ottenere col tempo un dispositivo abbastanza piccolo da poter essere impiantato nell’uomo.
Il primo impianto salvacuore risale al 1960 e fu eseguito su un paziente di 77 anni che sopravvisse per 18 mesi dopo l’operazione. In oltre 50 anni di onorata attività milioni di persone in tutto il mondo hanno beneficiato di quello che fu a giusta ragione definito dalla National Society of Professional Engineers uno dei 10 contributi più importanti dell’ingegneria alla società.
E dopo la tempesta mediatica che ha fatto seguito alla morte del patron della Apple, Steve Jobs, osannato come un genio, salutato come uno dei più grandi innovatori di tutti i tempi e compianto da milioni di consumatori-utenti pronti a giurare che i prodotti da lui inventati hanno davvero cambiato loro la vita, da giorni sul pianerottolo globale di Facebook monta la protesta. Da parte di quanti hanno evidentemente reputato eccessivo lo spazio dedicato a Jobs dai mezzi di comunicazione e dagli stessi utenti del social network (in tanti hanno sostituito alla propria immagine il simbolo della mela o una foto di Jobs) e ricordando la morte di Greatbatch si preoccupano di ristabilire le giuste priorità.
Greatbatch passò tutti gli anni Sessanta a cercare di migliorare la propria invenzione, finché arrivato a un certo punto si rese conto di qual era l’unico vero ostacolo da superare: la batteria. Era quello il punto debole dell’apparecchio, maggiormente suscettibile di miglioramenti. Così l’ingegnere si mise a produrre lui stesso batterie, fondò un’azienda che oggi vale milioni di dollari e produce il 90 per cento delle batterie per pacemaker nel mondo.
Ma non è solo nel campo della medicina che Greatbatch ha applicato la propria curiosità e il proprio ingegno: uno dei settori che lo hanno maggiormente interessato è stato quello dell’energia. Greatbatch era convinto che la scorta di combustibili fossili a nostra disposizione non sarebbe durata oltre il 2050, e anche per questo era impegnato nella ricerca di fonti alternative: dalla fusione nucleare a elio ai combustibili derivati dalle piante.
Un uomo pienamente inserito nel suo tempo, dunque, nonostante l’età, e dotato di una buona dose di autoironia che nel 2007 gli fece dichiarare, lo riporta il New York Times nell’articolo che gli ha dedicato dopo la morte: “Sto cominciando a credere che potrei anche non cambiare il mondo, ma ci sto ancora provando”. Personalmente non so immaginare una migliore risposta, a distanza, al motto divenuto ormai celeberrimo, dello stesso Jobs: questo sì che è un uomo che è rimasto folle e affamato fino alla fine
Scritto da martabuonadonna
Venerdì 14 Ottobre 2011